FORMA DE VIDA installazione, performance, convivio. Istituto Italiano de cultura ciudad de Mexico, 2022

Forma de vida è il processo di esplorazione dell’artista italiano Andrea d’Amore sul cibo di strada di Città del Messico quale possibile luogo di indagine dei rapporti economici e culturali che intercorrono tra nazioni.
Partendo da un sentire ecologico si indagano i cibi e le diete alimentari all’interno di un consumismo produttivista che oggi individua nel fattore alimentare un elemento fondamentale del consumo. Non si parla tanto di cosa mangiare quanto di come vivere, quale forma di vita assumere, secondo il più antico significato del termine dieta (dal greco diaita, “vita, modo di vivere, regola di vita”). La dieta è un approccio, un’attitudine percettiva rispetto al ritmo della vita in cui, naturalmente, anche il cibo riveste importanza notevole. Sotto questo profilo, la dieta non riguarda solo un’estetica del vivere ma anche un’etica dei comportamenti.

Forma de vida si costruisce quindi come un’esperienza conviviale che coinvolge principalmente i processi metabolici e di trasmutazione di 3 ingredienti: mais, cioccolata e acqua.
L’ingresso dell’Istituto viene trasformato in una selva di totem verticali realizzati con foglie di platano, elemento fondamentale nel processo di produzione dei tamales. Al suo interno l’artista realizza una piramide di bottiglioni Ciel, considerando la scarsità d’acqua potabile presente a Città del Messico e i suoi processi di privatizzazione e vendita, che affettano sia l’agricoltura che la vita quotidiana dei cittadini.
Nella cucina, il mais viene portato ad alta temperatura, fino al punto di esplosione e tramutazione in pop corn. Inventato nell’America Latina preispanica e utilizzato anche in cerimonie religiose, il pop corn è divenuto da tempo uno dei simboli dell’alimentazione pop di derivazione americano capitalista.
Nella sala seguente, la cioccolata viene utilizzata come materiale artistico per dare vita a un ambiente votivo di immersione visiva e olfattiva. Infine, nella sala conferenze, una scenografia di foglie di platano accompagnano il visitatore verso un pianoforte classico sormontato da un fegato di patatine.

testo scritto da Matteo Binci